sabato

5 - La delega alla Camorra / The proxy to Camorra

Franz Wenzel, ingresso di Garibaldi a Napoli / Garibaldi enters Naples         

(English text at bottom)

Una delle tante ombre che oscura questi già cupi tempi italiani è la famigerata ”trattativa stato-mafia”. Uno dice “no, non è possibile” sapendo che è possibile, ma quello che è difficile è farsene una ragione.
Purtroppo c’è un modo di farsela, la ragione: è quello di andare a cercare quando tutto ebbe inizio. C’è un momento preciso, da collocare nel luglio 1860, in cui non ci fu nemmeno trattativa; semplicemente lo Stato delegò, non richiesto, una delle sue funzioni alla camorra napoletana. Che non disse di no.

Garibaldi era ancora in Sicilia. Non direi vittorioso, dato che non c’era più una forza armata borbonica da combattere (ufficiali dell’esercito e comandanti di marina comprati con i soldi piemontesi provenienti da mezza Europa e dalle Americhe, nonché con promesse di posizioni e privilegi nel Regno d’Italia prossimo venturo) e si apprestava a risalire la penisola verso la capitale, Napoli.  
A Napoli il giovane e ingenuo Francesco, re da poco più di un anno, aveva ripristinato la Costituzione congelata dopo i moti del ’48, nominato un governo di liberali o simpatizzanti, proclamato un’amnistia. Addirittura, aveva cambiato la bandiera del Regno, dando ospitalità al tricolore:

 L'ultima bandiera del Regno delle Due Sicilie, 1860-61

Ma Francesco non aveva ancora capito, questa è la verità. Nell'illusione che quanto stava accadendo con Garibaldi fosse solo un moto liberale e che questo non facesse presagire l’invasione piemontese (quando mai un esercito straniero può invadere uno stato sovrano senza una dichiarazione di guerra?), credeva che queste concessioni al suo popolo sarebbero bastate.
Dietro le quinte, invece, si lavorava alacremente. C’erano due cose da fare: allontanare il re da Napoli e assicurare l’ingresso trionfale in città di Garibaldi. E qui entra in scena l’uomo chiave: Liborio Romano, all’epoca prefetto di polizia.
Romano non era un opportunista né un avido affarista. A suo modo era un idealista: credeva fermamente che l’unificazione dell’Italia sotto il Re Savoia fosse cosa buona e giusta per il popolo del sud. Era l’uomo giusto per Cavour; tutto il suo operato doppiogiochista (al servizio del Re Borbone in apparenza e dei Savoia nei fatti) si può ascrivere al perseguimento del suo ideale. E non aveva nessuno scrupolo, pur di raggiungerlo.

Era indispensabile mantenere l’ordine a Napoli, ma le forze di polizia erano da una parte leali ai Borbone e dall’altra non avevano ordini su come comportarsi con tutti questi liberali usciti dal carcere in seguito all’amnistia. Inevitabili i disordini e le scaramucce tra lealisti e liberali. In più, dal carcere erano usciti anche molti capi camorristi che, fiutando l’avvento dell’ordine nuovo, organizzarono assalti ai commissariati di polizia, oltre che per vendette personali, anche per distruggere tutti gli incartamenti che li riguardavano.
I disordini culminarono il 3 luglio con la proclamazione dello stato d’assedio, che conferiva poteri straordinari al prefetto, il nostro Liborio Romano, il quale ebbe un’idea “geniale”.

Perché non farsi dare una mano dalla camorra per mantenere l’ordine? Romano convocò il boss dei boss, Salvatore De Crescenzo detto “Tore ‘e Crescienzo”, e gli fece la proposta: assicurate l’ordine a Napoli, fate in modo che Garibaldi entri ben accolto in una città “pacificata”, e io vi garantisco che la polizia non vi darà più fastidio, per il semplice fatto che la polizia sarete voi.
Detto fatto. Il rapporto guardie-ladri s’invertì di colpo, e dopo qualche sanguinosa vendetta personale (commissari di polizia linciati per strada) la camorra s’insediò legittimamente negli uffici di polizia, nominando nuovi commissari e funzionari, ovviamente amici degli amici. Con qualche piccola attenzione per gli affarucci di famiglia. Che c’era di male, in cambio dell’ordine in città?
Naturalmente i camorristi, con tanto di coccarda tricolore appuntata sul petto, assicurarono il servizio d'ordine anche in occasione del plebiscito (a votazione palese) del 21 ottobre per l'annessione al Regno d'Italia. Per caso qualcuno era contrario?

Il re fu “benevolmente consigliato” da Romano (intanto nominato ministro dell’interno) di andarsene a Gaeta “per il bene di Napoli” e per “organizzare una migliore controffensiva”. Il giovane sovrano ancora non sapeva e non immaginava che il problema non era Garibaldi ma l’esercito piemontese che di lì a poco avrebbe varcato il confine. Con un tempismo perfetto, Francesco II lascia Napoli il 6 settembre e Garibaldi vi entra da trionfatore il 7.
Il resto è storia.
Liborio Romano sarà deputato del primo parlamento di Torino, ma sempre tenuto in disparte. Il tradimento lasciò un segno anche in chi lo aveva comprato.    

Ecco la storia della prima “trattativa stato-mafia”, e visto che oggi è cosa buona e giusta festeggiare l’Unità d’Italia, ricordiamoci sempre che ci siamo arrivati anche così, assistendo perfino alla fuga delle guardie inseguite dai ladri. Ragion di Stato.   
I have a dream: un giorno, forse lontano, vedremo di nuovo i ladri scappare inseguiti dalle guardie. Ma, per il momento, non ci siamo.  

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One of the many shadows that obscure these already dark times is the famous Italian "Mafia-State negotiation." One says "no, it isn't possible" knowing that it is possible. But what is difficult is to understand how.Unfortunately, there is a way to understand, simply going to look for when it all began. There is a precise moment, to be placed in July 1860, when there was not negotiation; simply the State delegated one of its functions to the Neapolitan Camorra. That did not say no.

Garibaldi was still in Sicily; I would not say winning, because there was not a Bourbon armed force to fight anymore (officers of the army and navy bought with money from half of Europe and the Americas, and with promises of positions and privileges in the next United Italy) and he was preparing to move up the peninsula to the capital, Naples.
In Naples, the young and naive Francesco, king for a little over a year, restored the constitution frozen after the riots of '48, appointed a liberal government, proclaimed an amnesty. Indeed, he had changed the flag of the Kingdom, giving hospitality to the Italian colours:

 
 The last flag of the Kingdom of the Two Sicilies, 1860-61

But Francesco had not yet understood, this is the truth. With the illusion that what was happening with Garibaldi was just a liberal movement and that this did not presage the Savoy invasion (when ever a foreign army can invade a sovereign state without a declaration of war?), he believed that these concessions to his people would be enough. Behind the scenes, instead, someone was working hard.

There were two things to do: remove the king from Naples and ensure the triumphal entry of Garibaldi into the town. And here is the key man on the scene: Liborio Romano, chief of police at the time.Romano was not an opportunist or a greedy businessman. In its own way was an idealist: he firmly believed that the unification of Italy under the Savoy King was right and good for the southerners. It was the right man for Cavour: his double-dealing work (at the service of the Bourbon King  in appearance and of Savoy in fact) can be ascribed to the pursuit of his ideal. And he had no qualms, but to reach it.

It was essential to maintain order in Naples, but the police were on one side
loyal to the Bourbons and on the other  had no orders about what to do with all these liberal released from prison following the amnesty. Riots and skirmishes between loyalists and liberals were inevitable. In addition, the prison had left many Camorra leaders who, scenting the advent of the new order, organized attacks to police stations, in order to destroy all papers concerning them. The unrest culminated on July 3 with the proclamation of martial law, which gave extraordinary powers to the prefect, our Liborio Romano, who had a "brilliant" idea.

Why not get help from the Camorra to keep order? Romano called the boss of bosses, Salvatore De Crescenzo said "Tore 'e Crescienzo", and made the proposal: secure the order in Naples, so that Garibaldi is welcomed in a  "pacified," city, and I can assure you that the police will not give you more trouble, for the simple fact that the police will be you. Said and done.

The relationship thieves-guards was inverted at once, and after a bloody personal revenge (police commissioners lynched in the street), the Camorra lawfully settled in the police offices, appointing new commissioners and officials, of course friends of friends. With a little attention to the business of the family. What was so wrong, in exchange for order in the city? 
Of course, the bandits of Camorra, with a tricolor cockade pinned on their chest, also assured the service order during the plebiscite of October 21 for the Unification of Italy. By any chance someone is against it?
 
The king was "sympathetically
recommended" by Romano (meanwhile appointed Minister of the Interior) to go to Gaeta, "for the good of Naples" and to "organize a better defense." The young king did not know and had no idea that the problem was not Garibaldi but the Savoy army which would soon crossed the border.
With perfect timing, Francesco II left Naples on September 6 and Garibaldi entered in triumph on the 7th. The rest is history. 
Liborio Romano will be deputy of the new Italian parliament of Turin, but always kept in the background. The betrayal left a mark even in those who had bought it.

Here is the story of the first "negotiation state-mafia", and since today is good and right to celebrate the unification of Italy, always remember that we got even so, seeing the guards chased by the thieves. Reason of State.

I have a dream: one day, perhaps far away, we will again see the thieves chased by the guards. But we are still not there.  

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